La Repubblica – Ottavia Giustetti

Sono la rassegna dei dettagli raccapriccianti di una vicenda di maltrattamenti di animali destinati alla macellazione nel mattatoio di via Traves, ma non solo. Potrebbero essere d’ispirazione per un manifesto del consumo consapevole di carne, i verbali delle udienze del processo ai gestori del macello di Torino, di cui il 20 novembre è attesa la sentenza. Una moderna inchiesta italiana sul modello di ” Se niente importa” di Jonathan Safran Foer, o una saga noir come ” La famiglia Winshaw” di Jonathan Coe: animali gravemente ammalati caricati sui camion e portati alle gabbie di macellazione, nonostante le precarie condizioni; dissanguamenti estenuanti prima della morte delle bestie; veterinari minacciati se chiedono un po’ di pietà per gli animali docciati a – 3° sul camminamento che li porta alla morte. ” Quando si fanno male si incastrano lì, ho delle foto dove… incastravano la testa con le corna dentro le sbarre, urlavano dal dolore, le urla le sentivi anche da fuori e non riuscivi neanche… era da tapparsi le orecchie ” tanto che i veterinari durante la macellazione hanno raccontato di aver usato tappi.

” Le regole del benessere animale non sono state seguite in vari casi, tantissimi casi ” , ha raccontato una veterinaria.
Sembrerà paradossale o ipocrita, ma all’animale che va incontro alla macellazione devono essere evitate più possibile le sofferenze. Per legge. È per questo che sono finiti a processo Andrea, Roberto e Stefano Chiabotto azionisti di maggioranza della Rosso spa, l’azienda capofila del consorzio che dal Comune ha la concessione del grande stabilimento di via Traves. La società del Gruppo Chiabotto, che aveva contratti di fornitura con alcune della più note aziende della grande distribuzione, oggi è in grave crisi e il tribunale ha nominato il commissario Stefania Goffi, in attesa di approvare la procedura di concordato presentata a marzo scorso o dichiarare il fallimento. Al momento i Chiabotto hanno emesso assegni scoperti per oltre 400 mila euro, e i 67 lavoratori attraverso il sindacato Flai Cgil – si sono iscritti nell’elenco dei creditori”.

” Le inchieste ci hanno danneggiato enormemente sotto il profilo commerciale ma ne siamo usciti puliti ” dice, adesso, Stefano Chiabotto. Infatti, salvo colpi di scena dell’ultimo minuto, il processo davanti al giudice Paola Odilia Meroni dovrebbe chiudersi con una messa alla prova degli imputati e con il risarcimento di una veterinaria che si era ribellata a quelle crudeltà, Raffaella Ruà. Che veniva minacciata da Roberto Chiabotto all’incirca così: “Potevi farti amare, potevi farti voler bene, adesso ti farò diventare una scribacchina a 1000 euro al mese”. “Cosa che più o meno sta capitando ” ha raccontato la vittima in udienza il 3 giugno. I maltrattamenti denunciati sono ormai prescritti. Ma restano impressi in modo indelebile in chi vi ha assistito.


Come quando arrivò una partita di buoi che pesavano 30 chili con ” una broncopolmonite gravissima e il fegato pieno di ascessi”. Avrebbero dovuto pesare 125 chili l’uno. ” Ma erano come cani ” , ne pesavano 30. ” Quelli che arrivano malandati vengono chiamati in gergo cani perché sono piccolini, magrissimi ” ha raccontato un veterinaria. “I bovini hanno una soglia del dolore? ” si è informata la giudice. Risposta: “Se uno ha una broncopolmonite e tu lo costringi a bastonate a ballare in mezzo a una bolgia infernale è logico che cominci a iperventilare, il polmone non ce la fa, quindi va incontro a un’ulteriore sofferenza ” . E poi la carne è comunque destinata alla distruzione. Perché allora portarli al mattatoio? ” Gli allevatori ci provano certe volte, dicono, va beh, lo mettiamo… – ha detto la veterinaria – si rendono conto che in quella partita lì alcuni animali verranno distrutti e che da quelli che non verranno distrutti guadagneranno molto poco, però tanto non se li potrebbero tenere in stalla ” e ucciderli nell’allevamento costerebbe di più.

Stefano Gili il responsabile del servizio veterinario dell’Asl ha raccontato: ” Soffrivano di patologie evidenti: dorso inarcato, la diarrea, difficoltà a deambulare. Il dorso inarcato è sintomo di dolore a livello addominale, viscerale. La diarrea è segno di una gastroenterite. In quell’episodio lì gli animali zoppicavano visibilmente perché avevano le articolazioni gonfie della poliartrite ” . Gli allevatori avevano di certo sospeso gli antibotici, in tempo utile per portarli al mattatoio e non incorrere nel rischio che fossero scartati. “Ma così mandi alla macellazione un animale non guarito, che ha avuto un problema o che ce l’ha ancora – ha detto Gili – : almeno dichiaralo”.
La gestione del mattatoio di via Traves però non si chiude nelle aule del tribunale.

Gli animalisti avevano denunciato più volte cosa stava accadendo e la consigliera comunale del Movimento 5stelle, Chiara Giacosa, ha chiesto che l’amministrazione Appendino acquisisca gli atti sulle concessioni della struttura. “Attenderemo la sentenza prevista per il 20 Novembre, ma non possiamo tacere di fronte agli stralci dei verbali delle udienze che riguardano le sofferenze degli animali” commenta insieme alla collega capogruppo in regione, Francesca Frediani. I verbali pubblicati da Repubblica hanno fatto indignare le consigliere: “Ci sono dettagli che fanno accapponare la pelle e disegnano il quadro di un vero e proprio film horror – dicono – Purtroppo le violenze che abbiamo letto sulle pagine dei giornali erano vere. Animali malati, malnutriti ed oggetto di maltrattamenti continui. Una vergogna. Ci auguriamo che venga fatta al più presto chiarezza e che i responsabili paghino per questi fatti. Auspichiamo che le urla dei veterinari che hanno denunciato questa situazione, ed anche quelle degli animali maltrattati, vengano ascoltate”.