“La nostra fondata preoccupazione è che, anche quest’anno, più del 50% del giro d’affari legato alla Festa della Donna possa finire nelle tasche del commercio illegale, mentre le nostre aziende continuano a chiudere: da oltre mille sono oggi in Torino e provincia poco più di 500!”. “E le cifre sono ormai da anni a segno meno anche sotto l’aspetto delle vendite in generale e del business legato alle varie festività caratterizzate da sempre dal ‘dono floreale’, come nello specifico, l’evento dell’8 Marzo. Festività per la quale prevediamo quest’anno, con le mimose vendute fra l’altro a prezzi mediamente inferiori rispetto all’anno scorso, un giro d’affari stimabile nella nostra provincia intorno ai 400mila Euro, contro i 450 di un anno fa e i 600-800mila, lontano ricordo di anni passati”.

Giovanni Barberis, presidente dell’Associazione Fiorai dell’Ascom torinese, snocciola cifre preoccupanti che giustificano appieno l’allarme di una categoria fra le più colpite dall’annosa crisi dei consumi e dal fenomeno delle vendite abusive. Una situazione di forte criticità per le imprese del settore che, anche quest’anno, nell’approssimarsi della Festa della Donna, lo ha spinto a mettere nero su bianco tutte le sue preoccupazioni e la sua ferma richiesta di aiuto e di interventi a “tolleranza zero”, in una lettera inviata in primis al Prefetto, Paola Basilone, e per conoscenza, al Questore di Torino, al Comando provinciale delle Fiamme Gialle, nonché al Sindaco e agli Assessori alla Polizia Municipale e al Commercio del Comune di Torino.

“La situazione – prosegue Barberis – è scandalosa e non più tollerabile, anche perché è ormai legata ad una quotidianità che va ben oltre l’8 Marzo o il singolo evento di turno e investe le nostre attività (e tutta la rete della distribuzione commerciale ‘a norma’) per tutto l’arco dell’anno”. “Ora diciamo ‘basta’. Siamo stufi – conclude Barberis – di pagare, noi commercianti ‘in regola’ e mai come oggi sottoposti a controlli fiscali della massima severità, quello che consideriamo una sorta di ‘pizzo’ destinato alle organizzazioni malavitose che probabilmente controllano sul territorio il mercato dell’abusivismo, rispetto al quale (pur riconoscendo gli sforzi e i risultati ottenuti nell’attività di repressione) troppo poco si è finora riusciti ad incidere in modo concreto e capillare”.