(Dal sito internet de La Stampa)
«Non abbiamo una data. Prima sapevamo che nel 2018 il cantiere si sarebbe concluso, ora senza una fine certa non c’è più neanche la speranza». A Erica della panetteria di piazza Bengasi scendono le lacrime. Ha contato i metri che la separano dal cantiere, fermo dall’agosto scorso, che dovrebbe portare la metro sin qui dal Lingotto: sono dodici.
I negozi
«Dodici metri che fanno sì che il mio negozio, che valeva novantamila euro, oggi sia sceso a diecimila. Gli affari non vanno, io non riesco più a pagarmi l’Inps». Insieme al marito Said, Erica ci prova. Tiene aperto. Ma in tanti hanno chiuso in via Nizza e in piazza Bengasi, che è stata spesso dimenticata ma ha pure perso il mercato. Per strada raccontano che qualcuno ha battezzato questa zona del Lingotto «striscia di Gaza». E’ un’infilata di serrande chiuse e pubblicità mezze strappate dai vecchi negozi. Effetto città sotto assedio.
«The Sound Computer» si sta trasferendo. L’altro giorno qui sono stati incassati 280 euro, troppo pochi per un centro che vende e aggiusta pc e prima era abituato ad altri incassi giornalieri: «Siamo qui da 13 anni ma a un certo punto bisogna dire basta», dice Leandro Allemandi. «Oggi vengono i fedelissimi, qualche anziano che va a piedi. Chi arriva a cercarci tra i cantieri? E l’auto dove la si lascia?», spiega Alessandro Marino dal centro scommesse Better.
Il parrucchiere
Nella polvere – perché anche se non si lavora, quella non manca e si solleva dagli scavi – spunta il giovane volto di Amine che non si dà per vinto. Ha aperto a gennaio, realizzando il sogno di diventare parrucchiere. Prima lui, marocchino, aveva lavorato per altri negozi a Porta Palazzo e Porta Susa. Poi ha scelto d’aprire un’attività sua, al Lingotto. Con Amine, calcolatrice alla mano, facciamo i conti: si sfiorano i mille euro di spese al mese tra affitto, commercialista, bollette. Il negozio è però vuoto.
I disagi
Camminando lungo il cantiere, ognuno racconta la sua storia. Chi ha subito allagamenti della fogna perché, lavorando, hanno rotto i tubi, chi ha i doppi cantieri: davanti al bar Beatrice c’è la sostituzione di condutture d’acqua. «Dovevano finire a marzo ma non si vedono da settimane», dice sconsolato Mauro Panetta. Poi c’è il traffico: nella zona della futura fermata Italia ’61 la viabilità non è agevole. Anche in via Genova nelle ore di punta le deviazioni causano code.
All’ombra del futuro grattacielo della Regione insomma, tutti odiano il cantiere. Alcuni ne parlano come fosse fermo da decenni.
L’appalto
Era il dicembre 2011, in realtà, quando venne assegnato l’appalto. Il via nella primavera del 2012, con chiusura di via Nizza da novembre. Nell’agosto scorso lo stop, con la rescissione del contratto tra Infra.To e l’azienda, in difficoltà e in ritardo sui tempi. La seconda impresa classificata alla gara – dopo tre mesi d’incontri – ha detto di non voler subentrare. Quindi, è stata contattata l’Ati Edilmaco-Ccc che a febbraio ha accettato di subentrare: sono state siglate le bozze contrattuali, con impegno a sottoscrivere il contratto definitivo che però ancora non c’è e a riaprire il cantiere ad aprile. Chi subentra ha chiesto, infatti, approfondimenti tecnico-legali: l’ultima riunione mercoledì scorso, non ancora risolutiva.
La reazione
Nel frattempo Comune e Infra.To fanno sapere d’essersi dati da fare: hanno istituito un tavolo per rispondere a domande, ci sono visite settimanali a negozi e abitanti, anche per sanare problemi legati ai cantieri. E’ stata implementata la segnalazione, concessi sgravi fiscali (che però non riguardano la metà dei commercianti di piazza Bengasi, già sotto Moncalieri), crediti agevolati.
Ora ci si gioca pure la carta cultura: dopo il Salone Off, la Circoscrizione 9 sta provando a portare eventi di Mito in via Nizza e dintorni. Obiettivo evitare la desertificazione.
(Chiara Priante)