Due settimane per provare a fare passi avanti sui tanti dossier sospesi, senza mettere a rischio il governo. Tra le spinte contrapposte degli alleati di governo e un Senato sempre più in bilico, Giuseppe Conte è a uno snodo assai delicato. Non intende rinunciare alla sua proposta di taglio, selettivo e limitato nel tempo, dell’Iva. Ma i partiti della maggioranza non sembrano sostenere la sua proposta, chiedono altro: taglio delle tasse del lavoro, riforma dell’Irpef, rinvio delle scadenze fiscali. E, mentre ci si prepara al nuovo scostamento di bilancio che potrebbe arrivare fino a 20 miliardi, arrivano come una doccia fredda le nuove stime del Fmi sul Pil italiano in caduta del 12,8%. Il ministro Roberto Gualtieri le definisce “pessimistiche”. Ma non fanno che aumentare la preccupazione su uno stallo che, avverte il Pd, può trasformarsi in avvitamento.

Conte vede il presidente dell’Inps per analizzare i dati sulla Cig (5,8 milioni di prestazioni pagate al 22 giugno, 150mila persone ancora in attesa) e provare a capire come semplificare ancora il meccanismo: “la cassa integrazione unica sarebbe uno strumento migliore”, dice al termine Pasquale Tridico. Ma è sul decreto semplificazioni, che aveva definito “la madre di tutte le riforme”, che il premier vuole provare ad accelerare. Vorrebbe farlo a partire dal nuovo vertice con i capi delegazione che dovrebbe avere giovedì sera, forse con Gualtieri e i responsabili economici dei partiti. A rallentare l’approdo in Consiglio dei ministri del provvedimento c’è lo scontro in atto sullo sblocco dei cantieri tra M5s e Pd, che respinge l’idea di estendere alle grandi opere il “modello Genova”. Ecco perché il Cdm decisivo potrebbe esserci non prima della prossima settimana, anche per il varo del piano nazionale delle riforme, da inviare a Bruxelles. Una riunione potrebbe esserci giovedì pomeriggio, ma con altre misure in scadenza.

A tenere banco nella maggioranza è intanto il dibattito innescato dalla proposta di Conte di tagliare l’Iva. E’ un’ipotesi in campo, non c’è nulla di deciso, dicono da Palazzo Chigi. Ma Conte tiene il punto, a partire dalla convinzione che si debba “ridare fiducia agli italiani”. Vari economisti che si sono succeduti a Villa Pamphili negli stati generali dell’economia, viene fatto notare, hanno affermato che un taglio dell’Iva – limitato nel tempo e ad alcuni settori in particolare sofferenza a causa della crisi da coronavirus – spingerebbe i consumi. Il premier vuole abbinare il taglio al meccanismo del “cashback”, una misura su cui punta tanto: lo sconto sull’Iva scatterebbe per i pagamenti con carta di credito o bancomat.

Per tagliare l’Iva a luglio, nel decreto finanziato con un nuovo scostamento di bilancio, servirebbero però troppi soldi, avvertono Pd e M5s, che rinviano a una riforma “strutturale”, non un intervento temporaneo. “Abbiamo il dovere di realizzare un percorso strutturale di riduzione delle tasse e di riforma del fisco”, dichiara Vito Crimi, commentando la spinta alla riforma fiscale venuta dalla Corte dei Conti. I Dem insistono sulla via del taglio delle tasse sul lavoro, che parte a luglio. E il sottosegretario Pier Paolo Baretta fa educatamente notare che “non è detto che affrontare l’Iva in maniera settoriale abbia subito un effetto sui consumi”: una “sconfitta” sarebbe dannosa “per tutti”. Federico Fornaro da Leu boccia una ricetta “vecchia quanto inefficace”, nonché “perdente”. E Iv, con Davide Faraone, invoca a gran voce il rinvio delle scadenze fiscali al fine settembre, un intervento condiviso anche dal M5s.

Entro il Consiglio europeo di metà luglio Conte vuole elaborare le prime linee guida dettagliate del piano di rilancio. Ma una convocazione per un confronto non è ancora arrivata all’opposizione e Fi, Lega e Fdi criticano il governo, a partire da quella che denunciano essere una chiusura a modifiche del decreto rilancio. “Siamo in uno stallo simile a quello degli ultimi due mesi del governo Letta”, dice un senatore Pd, che non nasconde la preoccupazione per due votazioni da brividi attese a luglio in Senato: si dovranno votare a maggioranza assoluta il nuovo scostamento di bilancio e probabilmente, anche se a maggioranza semplice, l’autorizzazione a chiedere il Mes. Intanto bisogna sbloccare, non si stanca di ripetere Zingaretti, dossier come Aspi, Alitalia, decreti sicurezza, ex Ilva. Ma un’intesa su Aspi e la modifica dei decreti sicurezza sono entrambi interventi che minacciano di far fibrillare i Cinque stelle. Ecco perché il rischio è procedere di rinvio in rinvio. Ma sarebbe un rischio, avvertono i Dem, per lo stesso Conte.