La fondata preoccupazione è “che anche quest’anno, in occasione dell’ 8 Marzo, si debba passivamente assistere al solito rituale inscenato sfacciatamente alla luce del sole della vendita abusiva di fiori, mimose in particolare, ma non solo”.

Di qui, la ferma richiesta “ancora più forte quest’anno – in linea con politiche particolarmente impegnate sul piano della lotta all’evasione fiscale, così come ai fenomeni dell’abusivismo e della contraffazione – affinché si faccia davvero tutto il possibile per arginare un fenomeno di intollerabile illegalità che crea un danno economico enorme per la nostra categoria, in un momento di pesantissima crisi dei consumi e di forte criticità per molte delle nostre imprese, costrette in numero via via esponenziale a chiudere”.

Questo, in sintesi il contenuto della lettera scritta da Giovanni Barberis, presidente dell’ “Associazione Fiorai” dell’ Ascom di Torino e provincia, e indirizzata al Prefetto Alberto Di Pace (e, per conoscenza, al Questore, al Comando provinciale delle Fiamme Gialle, a Sindaco e Assessore alla Polizia Municipale e al Commercio del Comune di Torino, nonché al Comandante della Polizia Municipale) in cui si lancia l’ennesimo appello contro il fenomeno, ormai ampiamente radicato nella realtà torinese, di “mimosa selvaggia”.

“Un fenomeno  – fa presente Barberis – probabilmente in mano a vere e proprie organizzazioni o cartelli malavitosi, rispetto al quale troppo poco si è finora riusciti ad incidere e che al commercio legale sottrae – in occasione dei vari eventi che del dono floreale fanno una consuetudine consolidata nel tempo – non meno del 50% del giro complessivo d’affari: una sorta di ‘pizzo’ che i commercianti ‘in regola’ e, mai come oggi sottoposti a controlli fiscali tanto rigorosi, si vedono costretti a pagare a chi, al contrario, vende al di fuori di ogni norma, beffandosi di qualsivoglia obbligo fiscale”. La situazione è giunta a livelli davvero inaccettabili. Tanto più se si pensa “al drammatico stato di crisi che le nostre attività stanno vivendo”.  “In Torino e provincia eravamo oltre un migliaio fino a qualche anno fa, oggi siamo poco più di 700. La crisi ha fatto chiudere un buon 30% dei nostri negozi”. E le cifre sono a segno ‘meno’ anche sotto l’aspetto del business legato, nello specifico, alla Festa della Donna: “un giro d’affari – conclude Barberis –  stimabile complessivamente quest’anno nella nostra provincia intorno ai 450mila Euro, contro i 500mila dell’anno scorso e i 600-800mila registrati fino a qualche anno fa”.