Proponiamo l’articolo de La Stampa online, in merito ai dati relativi alle chiusure delle imprese a Torino e prima cintura 2012-2013

 

I numeri non mentono: la crisi non ha mai fatto così tante vittime tra le imprese torinesi come negli ultimi due anni. Un dato su tutti: nel 2012 e nel 2013 – a Torino e prima cintura – sono fallite quasi due imprese ogni giorno. Non chiusure per cessata attività -catalogate in un altro comparto – ma fallimenti veri. Con tanto di vendita di beni, curatori, tribunali. E sentenze. Attenzione, c’è un’avvertenza da fare: in questo conteggio sono comprese anche le aziende che hanno fatto ricorso al concordato. Cioè quella formula che evita la sentenza di fallimento e liquida ai creditori una percentuale del debito. Previo accordo tra le parti.

Nel 2014 non va meglio

I dati arrivano direttamente dal tribunale Fallimentare di Torino. Dove, dall’inizio dell’anno, al 31 di gennaio scorso, già sono state dichiarate fallite la bellezza di 45 imprese. E non pensate che si tratti di attività tipo il «kebabbaro» sotto casa o il negozietto di frutta e verdura che da tempo non ce la faceva più. La nuova legge fallimentare (nuova si fa per dire, visto che risale al 2006) prevede questo istituto soltanto per aziende con fatturato superiore ai 500 mila euro. Tutti gli altri - se possono – ricorrono a strumenti meno complessi. Oppure semplicemente abbassano le serrande ed è finita lì. Per dire: con un fatturato di quel livello è abbastanza intuitivo immaginare che la conseguenza immediata sia una perdita consistente di posti di lavoro. E una conseguente ricaduta sulle imprese creditrici.

Il boom dei concordati

Nei dodici mesi dell’anno appena passato c’è stato un fenomeno che prima era decisamente sottovalutato. Quello dei concordati: 82 quelli cosiddetti «in bianco» e 16 quelli «pieni». Pochi? Mica tanto. Basti pensare che nel 2011 soltanto quindici imprese avevano fatto ricorso a questo strumento. E che al tribunale Fallimentare di Torino stimano un ulteriore balzo in avanti nei dodici mesi che verranno. Motivo? Lo spiega bene Filiberto Ferrari Loranzi, titolare di uno studio di commercialisti a Torino: «La formula concordataria mette al riparo da eventuali azioni di responsabilità ed evita la sentenza di fallimento. Una scelta che viene fatta da chi ha un minimo di attivo e intende salvare qualcosa. Chi fallisce, al contrario, perde definitivamente tutti i suoi beni».

Le statistiche delle imprese

Tentare di dividere per macro categorie le imprese fallite negli ultimi 24/48 mesi è un lavoro imponente, quasi impossibile. Che neanche il tribunale fallimentare tiene sotto osservazione dal punto di vista statistico. E allora non resta che affidarsi all’esperienza di chi lo dirige.

«Possiamo dire che la crisi ha colpito in modo particolare le imprese edili. E, in questa zona, anche quelle specializzate nelle lavorazioni metalmeccaniche» commenta il presidente del «Fallimentare» Giovanna Dominici che, da poco più di un anno, ha assunto al direzione di questa sezione mai così tanto oberata dal lavoro come in questi ultimi tempi. Il dato, comunque, è perfettamente in linea con la tendenza nazionale, secondo cui nel 2013, in Italia, sono fallite 2.800 imprese edili, a fonte di 14 mila 269 fallimenti in totale. Che significa questo: ogni giorno che Dio ha mandato in terra, nel 2013, ben 54 aziende hanno chiuso per fallimento. Peggio di così non poteva proprio andare.

I consumatori in crisi

In questo panorama a dir poco desolante c’è una nuova categoria che da qualche tempo varca la soglia del palazzo di giustizia alzando le mani in segno di resa perchè non ce la fa più. Sono i consumatori. Che possono chiedere al tribunale di intervenire per risolvere i loro guai. Lo strumento a cui possono fare ricorso si chiama «Crisi da sovrindebitamento del consumatore» che significa, più o meno, questo: le persone gravate da una marea di debiti (le rate per la macchina, il mutuo e magari le cartelle di Equitalia) che hanno qualche bene da mettere sul piatto, chiedono al tribunale di fare ricorso ad una sorta di «concordatino», termine tutt’altro che giuridico per dire una mediazione tra le parti. Nella speranza di riuscire a salvarsi, pagando un po’ meno e pur rimettendoci un bene. Ecco: nel 2013 a Torino sono state sei le persone che hanno presentato istanza in tribunale. E il tribunale ha deciso la nomina degli «Occ», ovvero dei professionisti che devono istruire la pratica. Al «Fallimentare» guardano con attenzione al fenomeno. Che, se prende piede, rischia di portare all’ingresso del Palazzo di giustizia file di gente comune che non ce la fa più. E cerca così una via d’uscita.

(Ludovico Poletto)