La Stampa
FABRIZIO ASSANDRI ANDREA ROSSI
Se da Roma non arriveranno brutte sorprese (ad esempio una nuova manovra finanziaria per rimettere in carreggiata i conti) mancano ancora 40 milioni. Tanti e – vista la situazione e i tagli degli scorsi anni – non sarà semplice farli saltare fuori.
Ieri pomeriggio la sindaca ha riunito alcuni assessori e consiglieri comunali per tracciare la rotta. L’ha fatto dovendo fare i conti con una nuova tegola: il malore che mercoledì sera ha colpito l’assessore al Bilancio Sergio Rolando, ricoverato nel reparto di Medicina d’urgenza al Mauriziano. Le condizioni di Rolando, 70 anni, per i medici non destano preoccupazioni ma è verosimile che per un po’ dovrà stare lontano da Palazzo Civico. Proprio nel momento in cui bisogna chiudere il bilancio.
La sindaca ha preso temporaneamente in mano le deleghe al Bilancio e ieri nel vertice con giunta e consiglieri ha chiarito la situazione: per far quadrare i conti bisognerà ulteriormente aumentare le entrate e ridurre le spese. Una mano, anche se non indolore, arriverà da alcune misure nazionali, vedi i pensionamenti a quota 100 che ridurranno più del previsto l’organico del Comune. Una possibilità all’esame è la rinegoziazione di alcuni mutui. Sul resto si dovrà intervenire: alcuni assessorati hanno già avuto notizia di budget ridotti al lumicino. E non è escluso un provvedimento impopolare come l’aumento della Tari, la tassa rifiuti. L’estensione della raccolta differenziata farà lievitare (a regime, nel 2023, di 11 milioni) i costi del contratto di servizio che la Città deve pagare ad Amiat e non è escluso che Palazzo Civico scelga di farli gravare sulle bollette. Sarebbe una beffa: si pagherebbe di più per fare la differenziata.
Dopo la riunione con assessori e consiglieri della commissione Bilancio Appendino ha poi incontrato i consiglieri della sua maggioranza. E anche qui la situazione è complessa. Ieri sera le assenze non erano poche: alcuni hanno dato forfait per impegni, altri per scelta. Tra questi ultimi si può annoverare una parte del nucleo dei cosiddetti dissidenti, sempre più a disagio dentro la maggioranza: un conflitto da tempo latente ma esploso con lo sgombero dell’Asilo. Quattro consiglieri – Daniela Albano, Damiano Carretto, Marina Pollicino e Maura Paoli – sembrano a un passo dall’addio, al Movimento e forse anche alla Sala Rossa. Il loro malessere mescola questioni nazionali – l’evoluzione governista del Movimento 5 Stelle, l’alleanza indigesta con la Lega, le politiche “di destra” del governo – e fattori locali: la linea dura con i centri sociali e le occupazioni, le scelte di bilancio, la vendita delle partecipate, le vicende giudiziarie che coinvolgono gli ex collaboratori della sindaca.
L’argomento della riunione di ieri erano i nuovi patti in Iren, da approvare lunedì. Un voto a rischio, se i quattro dovessero disertare l’aula. Sembra invece rientrato il dissenso di Viviana Ferrero, promossa nelle settimane scorse vice presidente del Consiglio comunale.
La sindaca è per lo meno riuscita a convincere il resto della truppa, che lunedì voterà a favore dei patti parasociali e con Appendino ha condiviso l’intenzione di evitare di cedere altre società partecipate e la necessità di dare battaglia a Roma. «La situazione del bilancio della Città è molto complessa e se non si riuscirà a ottenere dal governo un ripristino completo del fondo Imu-Tasi l’amministrazione sarà costretta a cedere parte delle quote delle sue partecipate per coprire il mancato trasferimento da parte dello Stato», spiega la capogruppo Valentina Sganga.
In questo contesto già complicato mercoledì in Comune è arrivata la pronuncia della Corte dei Conti sul rendiconto 2017. Progressi – anche se non sempre in linea con le attese – su spese, debito, riscossioni e anticipazioni di tesoreria. Critiche invece sulla vendita delle azioni Iren conclusa a fine 2018, quando la Città ha ceduto il 2,5% incassando circa 61 milioni. Il Comune si era impegnato a usare i proventi per coprire le rate dei mutui a suo tempo contratti da Gtt e InfraTo e non rimborsate per intero. Invece ha coperto spese correnti. Per i magistrati è «un’operazione non condivisibile, frutto di un mero artificio contabile. Ritenere che i proventi di una alienazione patrimoniale solo perché transitati da una società in house (la holding Fct, proprietaria delle azioni Iren, ndr) perdano il carattere di entrate di parte capitale è una condotta che sconfina nell’elusione normativa e nell’abuso del diritto».